Di raro utilizzo ma, nella
lingua francese, esiste il verbo démoder
che significa, all’incirca, far passare di moda. Démodé, come aggettivo, è impiegato largamente anche qui da noi. La
moda ‘demoda’ significherebbe dunque: la moda fa passare di moda. Che cosa?
Beh, ciò che è alla moda e dunque anche se stessa se con la parola intendiamo
ciò che in questo momento è di moda. Ma c’è un altro paradosso: la moda non si
demoda mai, la mode ne se démode jamais
(in francese c’è anche un impiego riflessivo del verbo). Baudelaire lo sapeva
bene: questo ne se démoder jamais,
questa vitalità del presente (della foggia di un abito, di un cappellino ecc.)
aggiunge qualcosa alla bellezza intemporale e astratta: un che di piccante, di
vivace, un fremito. Ma per un Baudelaire che, forse ironicamente, celebra la
moda, ci sono cento Pasolini che la condannano. (Perché Pasolini? Pasolini o un
altro vanno benissimo; dico Pasolini perché ce l’aveva col consumismo). Non si
tratta di dare ragione a Baudelaire o all’altro e, in effetti, si tratta sempre
della qualità dell’effimero. Certo, in quanto effimero, un certo modo di
pensare lo lascia intendere, è sempre scadente, imperfetto, meschino, brutto…
La circolazione di tutti questi valori ha però al limite, come suo termine di
paragone, lo sguardo sull’eterno. Ah, quant’è piacevole questo sguardo
sull’eterno! Ma, anche, quant’è transeunte questo eterno! In ogni modo, il
paragone vero è sempre tra l’effimero e il meno effimero… Eppure, a pensarci bene,
l’effimero è davvero ‘démodé’ dalla moda? Se come evento dell’effimero la moda
scaccia l’effimero, generando magari in retrospettiva e nella testa degli
interpreti una traditio, come trovata
del creativo è la comica del camaleontismo. D’accordo senza la piaggeria non
c’è commercio, specie dell’effimero, specie del superfluo (che bisogna far
passare per necessario come diceva Voltaire). (Non diceva esattamente questo ma
non importa). E il marketing è la
scienza della piaggeria. I grandi magazzini Selfridges hanno deciso di dedicare
un intero settore all’Agender; Saint Laurent, Gucci, Hermes cavalcano l’onda unisex (grazie a Mirella che con la
consueta ironia ci segnala un articolo sul ‘Corriere’). Che significa tutto
questo? L’eterno della differenza sessuale contro l’effimero del Gender?
L’ideologia Gender che avanza? Nulla di tutto questo. Ragionate e domandatavi
perché di Gender se ne occupano soltanto i couturier, si chiamino Gucci o
Fusaro, Saint Laurent o Adinolfi o Marletta ecc…
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